IL GIUDICE DELLE INDAGINI PRELIMINARI
   Letti  gli  atti  del procedimento suindicato a carico di Ambrosca
Antonio  nato  il  7  aprile  1964  a Cancello ed Arnone residente in
Cancello ed Arnone, via Maria SS. Assunta in Cielo s.n.c.
   In  ordine  ai  seguenti  reati:  a)  Decreto legislativo del 2006
n. 152, art. 137, comma 1, commesso in S. Andrea del Pizzone.
   Letto   in  particolare  il  sequestro  preventivo  effettuato  di
iniziativa  dalla  p.g.  operante  in  data 20 maggio 2008 nonche' la
richiesta  di  convalida e contestuale emissione del relativo decreto
avanzata dal p.m. sede in data 21 maggio 2008.
                            O s s e r v a
Premesse.
   La  delibazione  della  richiesta  avanzata  dal  p.m.  involge la
recentissima entrata in vigore del d.l. n. 90/2008, ed in particolare
l'art. 3 della citata norma.
   Orbene,  questo  giudice  dubita della legittimita' costituzionale
della disposizione di legge succitato, nella parte in cui attribuisce
le  funzioni  di  Giudice  delle indagini preliminari e della udienza
preliminare  ai  magistrati  del  Tribunale  di Napoli, peraltro. per
quanto  attiene  l'adozione  di  misure  cautelari,  in  composizione
collegiale.
   Si   dubita   altresi'  della  legittimita'  costituzionale  della
disposizione  che prevede la retroattivita' delle succitate regole di
competenza a tutti quei reati (e relativi procedimenti) che risultino
commessi anteriormente alla entrata in vigore della citata normativa.
   Al  fine  di  illustrare  le  ragioni  di tali conclusioni e della
coeva,   quanto   doverosa,   rimessione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale,  occorre  procedere  per  gradi,  valutando  tutti  i
complessi aspetti della fattispecie in esame.
   In particolare, occorrera' anzitutto stabilire se il decreto-legge
n. 90  debba  ritenersi  applicabile  anche  alla materia oggetto del
presente procedimento.
   In secondo luogo risultera' necessario individuare quali risultino
essere,  secondo la normativa vigente, i poteri doveri di questa a.g.
in relazione alla richiesta avanzata dal p.m.
   Dovra'  quindi  essere  illustrata la rilevanza e la non manifesta
infondatezza della questione di Costituzionalita', che, giova sin qui
premetterlo,  si ritiene afferente alla violazione degli artt. 3, 25,
primo comma e 102, secondo comma della Costituzione.
Ambito   di   applicazione  ratione  materiae  del  d.l.  n. 90/2008;
ricomprensione   di   tutte   le   fattispecie  sanzionate  dal  t.u.
n. 152/2006.
   Il  comma  1  dell'art. 3 del d.l. n. 90/2008 prevede testualmente
che  «Nei procedimenti riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai reati
in  materia  ambientale  nella  Regione Campania, nonche' a quelli ad
essi  connessi  a  norma  dell'art. 12 del codice di procedura penale
(...)   debba   essere   competente   il  Procuratore  di  Napoli  e,
conseguentemente il Tribunale partenopeo.
   Si  tratta  a  questo  punto  di stabilire quali debbano essere le
fattispecie  sanzionatorie  in  materia  ambientale  per  le quali la
eccezionale   disposizione   di   legge   in  esame  debba  ritenersi
applicabile.
   Come  noto,  infatti,  il  termine  «ambiente» si presta a diverse
interpretazioni  piu' o meno estensive; non risulta infatti peregrino
sostenere  che  in  tale  locuzione  potrebbero  rientrare  tutte  le
possibili  aggressioni  del  territorio,  contenute  in  qualsivoglia
disposizione di legge che abbia previsto di attribuire ad esse penale
rilevanza.
   Su  queste  basi,  dovrebbe,  ad  esempio,  giungersi  a  ritenere
ricomprese  nell'ambito  di  applicazione  della norma in esame anche
tutte   le  violazioni  di  natura  urbanistica  contenute  nel  t.u.
n. 380/2001.
   Altrettanto  conseguente  sarebbe la ricomprensione nell'ambito di
applicazione  del d.l. in esame di ogni sanzione penale contenuta nel
codice  penale che abbia come possibile oggetto la materia ambientale
(si  pensi,  per fare un esempio certamente non esaustivo, agli artt.
674 e 734 c.p.).
   Orbene,   pur   ritenendo  la  seria  plausibilita'  di  una  tale
ricostruzione,   giova   pero'   chiarire   che   il   carattere   di
eccezionalita'  della  disposizione in esame, in una con la ratio che
sembra  inspirarla, impone di non condividere una tale impostazione e
di  ritenere, di conseguenza, circoscritto il piu' possibile l'ambito
di  applicazione  della  norma a quelle fattispecie che possano avere
una  qualche  attinenza  con  l'oggetto  e  lo  scopo  generale della
decretazione di urgenza.
   Nel  compiere tale opzione interpretativa, si ritiene che, in ogni
caso,  non  risulti  possibile superare un dato obiettivo, desumibile
dalla chiara volonta' legislativa espressa con l'adozione del recente
Testo Unico n. 152/2006.
   In  altre  parole,  e'  di  tutta  evidenza  che,  con  il recente
intervento normativo succitato, il legislatore ha inteso collazionare
una  serie  di  disposizioni  di  legge aventi tutte il minimo comune
denominatore  di avere una qualche rilevanza ai fini della disciplina
del bene ambiente.
   Non  e'  certamente un caso, infatti, che la disposizione di legge
in esame risulti titolata «Codice ambientale».
   Del  resto,  per  quanto  concerne  lo  specifico  argomento della
depurazione  di  acque reflue (che costituisce l'oggetto del presente
procedimento),  deve  essere  anche constatato che il d.l. n. 90/2008
prevede   all'art.  10  esplicite  deroghe  e  regolamentazioni  alla
disciplina degli scarichi.
   Su  queste  basi,  risulta francamente impossibile ritenere che le
sanzioni  penali  di  cui  all'art.  137  del  t.u. n. 152/2006 siano
escluse dall'ambito di applicazione del decreto.
   Ne  discende  che  la  norma  di  cui all'art. 3, d.l. n. 90/2008,
derogativa  delle  ordinarie  regole  di  competenza  territoriale  e
funzionale  della  a.g.,  debba  essere ritenuta applicabile anche al
caso in esame.
La  natura  ed  il  tenore dei provvedimenti adottandi a legislazione
vigente da parte di questa a.g.
   Come  accennato,  questa  a.g.  risulta  investita  dell'onere  di
emettere convalida del sequestro preventivo eseguito di urgenza dalla
p.g. operante prima della entrata in vigore del d.l. n. 90/2008.
   Piu' precisamente, come visto, personale della stazione C.C. di S.
Andrea  del  Pizzone  in data 20 maggio u.s. ha eseguito il sequestro
preventivo   dell'opificio   in   oggetto,   curando   la  tempestiva
trasmissione  del relativo verbale al p.m. sede, che, a sua volta, il
giorno  successivo  ha  inoltrato  a  questa  a.g.  la  richiesta  di
convalida e di coeva emissione di decreto di sequestro preventivo.
   Tale  precisazione  temporale  risulta  doverosa  dal momento che,
sempre   il   comma  secondo  dell'art.  3  d.l.  n. 90/2008  prevede
esplicitamente  la  esclusione delle «previsioni dell'art. 321, comma
3-bis, del codice di procedura penale.
   Ne discende che, una volta entrato in vigore il citato decreto (il
23 maggio u.s.), non risultera' ad oggi possibile seguire la speciale
procedura di urgenza contemplata dalla norma suindicata; non sara' in
altre  parole  possibile  che  p.g.  e  p.m. provvedano ad eseguire e
decretare  prima  del  provvedimento  del  giudice  collegiale  alcun
sequestro preventivo.
   Si ritiene, invece, che un discorso diverso debba essere fatto per
quanto  concerne  il  potere/dovere  del  g.i.p. di delibare circa la
convalida del sequestro disposto e/o eseguito.
   Giova  infatti  ricordare  che  l'onere  di  emettere (entro dieci
giorni   dalla   richiesta)   la   ordinanza  di  convalida,  risulti
contemplato  nel  successivo comma 3-ter dell'art. 321 c.p.p. che non
risulta affatto menzionato dalla disciplina derogatrice.
   Del  resto, una tale interpretazione risulta essere avvalorata dal
successivo  comma  6  del  medesimo  articolo 3 del d.l., che prevede
espressamente non solo la temporaneita' delle misure cautelari (reali
e personali) eventualmente disposte prima della entrata in vigore del
presente decreto ma anche di quelle convalidate da giudice diverso da
quello indicato dal comma 2.
   Al  riguardo  giova  peraltro segnalare che quest'ultima locuzione
risulta macroscopicamente svincolata dal dato temporale della entrata
in  vigore  del  decreto  e risulta quindi essere applicabile anche a
provvedimenti  di  cui  l'a.g. risulta essere investita nella vigenza
del d.l. in esame.
   Peraltro,  risulta  chiaro  che  secondo  noti  principi generali,
l'adozione preventiva di iniziative cautelari debba essere sottoposta
ad  un  vaglio  di  giurisdizionalita' successiva anche a prescindere
dalla  concreta possibilita' di adozione di una definitiva misura (si
pensi  al caso della convalida dell'arresto richiesta al g.i.p. anche
a seguito del decreto motivato di liberazione disposto dal p.m.).
   Orbene,  su queste premesse, nel ribadire che la procedura sin qui
seguita  risulta meritoria di positiva valutazione da parte di questa
a.g.,  dal momento che risulta attuata quando ancora era possibile il
ricorso  ad  iniziative  di  urgenza della p.g. operante, si ritiene,
attesa  la chiara gravita' indiziaria del reato in contestazione e la
evidente  sussistenza  di  esigenze di cautela, che questa a.g. debba
provvedere  a convalidare il sequestro preventivo di urgenza eseguito
di iniziativa della p.g. operante.
   Cio'  chiarito,  si  ritiene, pero', che un discorso diverso debba
essere  fatto  per  quanto  concerne  la  emissione  del  decreto  di
sequestro preventivo.
   Come  visto,  infatti,  l'attuale  formulazione  del comma secondo
dell'art.  3 demanda espressamente ad un giudice collegiale presso il
Tribunale di Napoli l'onere di valutare l'accoglibilita' di richieste
cautelari reali e personali.
   Ne  discende,  in diretta applicazione del decreto-legge in esame,
l'attuale  incompetenza  funzionale  di  questa  a.g.ad  emettere  il
richiesto decreto di sequestro.
   Giova  infatti ricordare che, a differenza di quanto espressamente
previsto  dall'art.  291  c.p.p.  in  relazione alle misure cautelari
personali, non pare individuabile nel nostro ordinamento alcuna norma
che  consenta  al  giudice  che  ravvisi  la  propria incompetenza di
emettere  (anche  provvisoriamente)  la  misura  cautelare  reale del
sequestro preventivo.
   Si  potrebbe,  per  converso  obiettare  che tale facolta' risulti
desumibile dalla dicitura dell'art. 27 codice di rito che, come noto,
nel  prevedere  la necessita' di nuova delibazione cautelare da parte
del  Giudice ad quem a seguito della declaratoria di incompetenza del
Giudice che ha disposto la misura, cita espressamente non solo l'art.
292,  ma  anche  il  317  e  321  c.p.p., rispettivamente relativi al
sequestro conservativo ed a quello preventivo.
   Paradossalmente,  si  potrebbe  persino  sostenere  che  una  tale
possibilita'   risulti  ulteriormente  confortata  e  confermata  dal
disposto  del  comma  6  dell'articolo  3,  d.l.  n. 90/2008,  che si
preoccupa  di  ripetere  pedissequamente (e, quindi, forse in maniera
ripetitiva)  quanto  gia'  espressamente  previsto dalla disposizione
generale dell'art. 27 c.p.p.
   Non si ritiene, pero', di condividere una tale impostazione; a ben
riflettere,  infatti,  l'art. 27 succitato contempla espressamente la
duplice  possibilita' che la declaratoria di incompetenza avvenga non
solo  contestualmente  ma  anche  successivamente alla adozione della
misura cautelare.
   Ne discende che il richiamo agli artt. 317 e 321 c.p.p. potrebbero
anche  essere relativi solo al caso in cui la decisione relativa alla
incompetenza sia presa in un momento successivo (eventualmente e piu'
frequentemente  anche  da un giudice persona fisica diverso da quello
che  ebbe ad adottare la misura cautelare reale; si pensi al caso del
riesame e/o del giudice della udienza preliminare).
   In altre parole si ritiene che, se per un verso la chiara dicitura
dell'art.  27  c.p.p.  impone  di riconoscere la temporaneita' di una
misura cautelare adottata da un giudice diverso da quello competente,
il   potere  del  giudice  di  rilevare  la  propria  incompetenza  e
contestualmente  emettere  una  misura  cautelare  debba  trovare  la
propria  fonte  attributiva in una esplicita previsione di legge che,
come detto, per le misure cautelari reali non risulta individuabile.
   Riassumendo,  si  ritiene  che,  qualora  risulti investito di una
richiesta  di  misura  cautelare  reale,  il  giudice  che ravvisi la
propria  incompetenza  non  possa adottare il sequestro richiesto, ma
debba  limitarsi  a trasmettere gli atti all'a.g. ritenuta competente
(ovviamente per il tramite del p.m. istante).
   In  ogni caso cio' che preme rilevare e ribadire in questa sede e'
che, a prescindere dalla adottabilita' o meno da parte di questa a.g.
del  richiesto  sequestro  preventivo,  risulterebbe  successivamente
doverosa  in  diretta  applicazione  del  decreto-legge n. 90/2008 la
declaratoria di incompetenza funzionale di questa a.g.
   Orbene,  giova  sin d'ora chiarire che e' proprio la necessita' di
adozione  di una declaratoria di incompetenza a rendere evidentemente
rilevante   e   pertinente  la  presente  questione  di  legittimita'
costituzionale.
La  norma derogativa della competenza e la violazione degli artt. 3 e
102 della Costituzione.
   Si  e'  gia'  ampiamente  chiarito  come le disposizioni di cui si
nutrono  dubbi  di  costituzionalita'  sono  i  commi primo e secondo
dell'art.  3  del  d.l.  n. 90/2008  che,  giova ribadirlo, prevedono
espressamente   una   deroga  alle  ordinarie  regole  di  competenza
territoriale,  funzionale  e  persino  di  composizione  del giudice,
onerato  di valutare richieste di misure cautelari personali e reali,
individuando  per  tutti i reati Campani l'esclusiva attribuzione del
Procuratore  della  Repubblica  di Napoli e la conseguente competenza
dei magistrati giudicanti del Tribunale partenopeo.
   Tali  disposizioni  devono  essere  necessariamente  integrate dal
comma 9 del medesimo articolo 3, che recita testualmente:
     «Le   disposizioni   del  presente  articolo  cessano  di  avere
efficacia  al  termine dello stato emergenziale in relazione al quale
e'  emanato  il  presente  decreto,  salvo  che  per i fatti commessi
durante lo stato emergenziale stesso.».
   Tale   disposizione,   a   sua   volta,   risulta  definitivamente
perfezionata  di  significato attraverso il disposto dell'art. 19 del
d.l. in esame che prevede:
     «Lo  stato  di  emergenza  dichiarato  nella Regione Campania ai
sensi  dell'art.  5  della  legge  1992  n. 225, cessa il 31 dicembre
2009».
   In  altre  parole  e riassumendo, pare chiaro, dal complesso delle
norme  succitate, che l'eccezionale competenza funzionale dei giudici
del   Tribunale  partenopeo  risulti  anzitutto  unica  in  tutta  la
Campania,    senza   uguali   sul   territorio   nazionale,   nonche'
temporalmente limitata.
   Cio'  chiarito,  giova  in  questa sede riportare integralmente il
chiaro testo dell'art. 102 della Costituzione che prevede:
     La funzione giurisduzionale e' esercitata da magistrati ordinari
istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario.
   Non  possono  essere  istituiti  giudici  straordinari  o  giudici
speciali.  Possono  soltanto  istituirsi presso gli organi giudiziari
ordinari  sezioni specializzate per determinate materie, anche con la
partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.
   (...).
   Orbene, su queste basi, per quanti sforzi semantici possano essere
fatti, risulta obiettivamente impossibile non attribuire la natura di
giudice  straordinario  al  «Giudice  regionale  partenopeo»,  le cui
attribuzioni giurisdizionali risultano esplicitamente connesse ad una
situazione   assolutamente   eccezionale  e  certamente  contingente,
destinata,  per  espressa previsione legislativa, ad avere una durata
temporale limitata.
   Si  tratta  a  questo  punto  di  verificare  se  la  disposizione
normativa  in  esame  possa  rientrare  nella  diversa  locuzione  di
«sezioni  specializzate  per  determinate  materie  presso gli organi
giudiziari  ordinari»,  di  cui  alla seconda parte del secondo comma
dell'art. 102 Cost.
   A  tale  riguardo,  deve  essere  in  primo luogo osservato che, a
leggere  con attenzione la norma, tale ultima definizione sembrerebbe
piu'  propriamente  prevedere una eccezione al divieto di istituzione
di giudici speciali.
   Risulta  infatti  chiaro che tale previsione termina prevedendo la
possibilita'  che  delle  sezioni  specializzate facciano parte anche
«cittadini idonei estranei alla magistratura».
   In  ogni  caso,  si  ritiene  che  cio'  che valga ad escludere la
possibile  qualifica  di  «sezioni  specializzate  presso  i  giudici
ordinari» al caso in esame, sia la gia' evidenziata assoluta unicita'
su  base  nazionale  della  previsione  di  competenza  attribuita al
giudice partenopeo.
   In  altre  parole, risulta francamente chiaro, che a fronte di una
mancata  rivisitazione di una regola che disciplini su base nazionale
la  competenza  giurisdizionale a decidere nella specifica materia de
quo  (come  risulta,  ad esempio avvenuto per i reati attribuiti alla
competenza  della  D.D.A.  e/o anche, piu' di recente, per quelli che
concernono    i    delitti   di   pedopornografia),   non   si   puo'
convincentemente  sostenere che il Giudice regionale istituito presso
il  Tribunale  di  Napoli  sia  sezione specializzata di un tribunale
ordinario.
   Tali ultime considerazioni impongono di dubitare della conformita'
costituzionale   delle  disposizioni  in  esame  anche  in  relazione
all'art. 3 della Costituzione.
   Non  vi  e'  dubbio, infatti, che la specificita' della competenza
giurisdizionale  campana finisca inevitabilmente con l'avere evidenti
ricadute  sul  principio  di  uguaglianza  e  di pari trattamento dei
cittadini innanzi alla legge.
   Basti   pensare   che   un   medesimo   reato  potrebbe  risultare
diversamente  perseguibile (con o senza la possibilita' di iniziative
di  urgenza  di  p.g.  e  p.m.)  o valutabile (da parte di un giudice
monocratico  o  collegiale) a seconda se risulti essere perpetrato in
Campania, piuttosto che in ogni altra parte d'Italia.
Il  comma 5 dell'art. 3, d.l. n. 90/2008 e lo violazione dell'art. 25
della Costituzione.
   Si  e'  gia'  accennato all'inizio come debbano essere evidenziati
dubbi di costituzionalita' in relazione alla disposizione che prevede
l'applicazione dei mutati criteri di competenza anche ai procedimenti
in corso prima della data di entrata in vigore del decreto.
   Si  tratta,  a ben riflettere, di una disposizione particolarmente
significativa  che  si  traduce,  sostanzialmente,  in una modifica a
posteriori  dell'autorita'  giudiziaria  innanzi  alla quale si erano
validamente  instaurati (da tempo precedente indefinito) procedimenti
penali per reati evidentemente commessi prima della entrata in vigore
del decreto medesimo.
   Orbene, anche in questo caso, risulta doveroso quantomeno dubitare
che   tale  opzione  normativa  risulti  compatibile  con  la  regola
costituzionale  contenuta  nel  comma  primo  dell'art. 25 Cost. che,
giova ribadirlo, recita testualmente:
   Nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precosituito per
legge.  In  proposito  occorre precisare che non si intende in questa
sede  affrontare la complessa problematica connessa alla locuzione di
«giudice  naturale»  (la  cui  individuazione dovrebbe essere in ogni
caso  e  come  noto  improntata  a criteri di ragionevolezza), quanto
piuttosto semplicemente constatare che si e' inteso macroscopicamente
derogare alla regola della precostituzione.
   In  altre  parole,  utilizzando come esempio il caso in esame (con
buona   pace   della   rilevanza   della   questione   nel   presente
procedimento),  risulta  chiaro  che  il ritenuto autore del reato in
contestazione  (che,  giova  ribadirlo,  risulta  commesso  in  epoca
antecedente alla entrata in vigore del d.l. n. 90/2008) si vedrebbe -
in  diretta applicazione della normativa in esame - mutato il proprio
giudice  da  quello  originario e precostituito sammaritano in quello
inedito e posteriormente previsto regionale/partenopeo.
   Anche sotto questo profilo, e per tutte le ragioni sopra dette, si
ritiene che le questioni risultino manifestamente infondate.
La rilevanza delle questioni costituzionali suindicate.
   A  rischio  di  sembrare  ripetitivi,  vale  la  pena  ribadire la
rilevanza nel giudizio a qua di tutte le questioni sopra illustrate.
   Invero,  come si e' cercato di chiarire, a seguito della richiesta
di  convalida  ed  emissione  di  autonomo sequestro preventivo di un
opificio  situato nel comune di S. Andrea del Pizzone, di cui risulta
titolare  l'indagato  Ambrosca  Antonio  in relazione alla violazione
dell'art.  137,  d.lgs.  n. 152/2006,  questo  giudice ha ritenuto di
emettere  (per le motivazioni in parte riportate anche nella presente
ordinanza)   provvedimento  di  convalida  del  sequestro  preventivo
eseguito di iniziativa dalla p.g. operante.
   Su  queste  premesse,  in  diretta  applicazione  delle specifiche
disposizioni  di  legge contenute nel d.l. n. 90/2008 cui si e' sopra
fatto riferimento (art. 3, commi primo, secondo, quinto, sesto e nono
ed  art.19), risulterebbe doverosa la declaratoria di incompetenza di
questa   a.g.  e  la  coeva  trasmissione  degli  atti  al  tribunale
«Regionale» partenopeo.
   Risulta   pertanto   chiaro  che  la  soluzione  ai  questioni  di
costituzionalita'  delle norme succitate assume rilievo pregiudiziale
per l'adozione del suindicato provvedimento.
   Risulta  altrettanto doverosa pertanto la sospensione del presente
giudizio ex art. 23, secondo comma della legge 11 marzo 1953, n. 87.